PREZZO DEL GAS: IL GIOCO SPIETATO DEL LIBERISMO

MA IL GIOCO STA FINENDO – IL TRAMONTO DELLE FONTI FOSSILI

SOMMARIO

Copertina libro "Ritorno al pianeta" di Pierluigi Adami Leggi anche, di Pierluigi Adami: “Ritorno al pianeta – l’avventura ecologica dai Neanderthal alla pandemia” (Bordeaux Edizioni)

PREMESSA

Basta un annuncio, no, anzi, anche meno. Basta il solo sospetto che i russi taglino la fornitura di gas per far schizzare in alto le quotazioni oltre ogni limite sopportabile.

Ma perché il prezzo del gas è passato da 27 € al megawattora del 2019 ai 341 € del 28 agosto?

La ripresa post-covid contribuisce, ma non giustifica

È un livello di prezzo che non si giustifica con nessuna legge di mercato. Certo, una quota di aumento dei prezzi è stata dovuta all’impennata dei consumi mondiali post-pandemia. È accaduto per tutte le materie prime, non solo per il gas. Ma l’aumento della domanda è stato in media dell’8% e nessun altra materia prima è aumenta di oltre 10 volte.

Corriere della Sera: “è colpa della Cina”. Ma è vero?

Secondo un articolo del Corriere della Sera del 22 agosto (vedi), la responsabilità del vertiginoso aumento va cercata nel boom della produzione cinese. I loro consumi di gas, aumentati enormemente negli ultimi 20 anni, erano stati in parte compensati dall’aumento di produzione dello shale gas americano (il gas estratto dalle rocce nel sottosuolo).

Secondo l’articolo, gli investimenti americani nello shale gas sono diminuiti a causa delle opposizioni ambientaliste, e questo avrebbe contribuito al brusco rialzo dei prezzi del gas.

Allora è colpa degli ambientalisti?

Quella del Corriere è una ricostruzione parziale, con molte imprecisioni. È vero che gli investimenti USA sullo shale gas si sono ridotti, ma non per gli ambientalisti, bensì perché sono cambiate le politiche e le strategie di investimento finanziario, che ora vanno in una direzione più green.

Questo dato non ha però comportato alcuna riduzione nella produzione di gas americano. Anzi, nel 2021 gli USA hanno superato il picco della produzione di gas, anche oltre i livelli pre-pandemia (vedi Forbes).

Inoltre, la Cina era la Cina già nel 2019 – ossia un potentissimo consumatore di gas mondiale – ma nel 2019 il gas costava 27 €, mentre ora supera i 300 €.

La crisi climatica che penalizza nucleare e rinnovabili

Invece, a pesare (in parte) sugli aumenti è stato anche il fattore climatico, con eventi di caldo estremo e siccità che hanno duramente colpito nel 2021-22. La carenza di vento ha penalizzato la produzione eolica e la mancanza di piogge e di nevi, con conseguente riduzione della portata dei fiumi e degli invasi, e le elevate temperature delle acque stanno penalizzando gravemente gli impianti di produzione idroelettrica e nucleare. Diversi impianti nucleari francesi sono stati costretti a ridurre la produzione perché la temperatura troppo elevata delle acque impedisce il raffreddamento dei reattori (vedi).

E’ bene ricordare che il nucleare è la più idrovora delle tecnologie elettriche: un reattore da 1,6 GW può richiedere decine di milioni di litri di acqua al giorno (vedi), per raffreddamento e produzione di vapore. Per questo, in Italia, con la piccola portata odierna dei nostri fiumi, sarebbe impossibile costruire impianti nucleari in zone fluviali (come avveniva in passato, ad esempio con la centrale di Caorso sul fiume Po).

Ma La Cina non crede alle rinnovabili??

Secondo il Corriere della Sera, si sta creando un nuovo blocco geopolitico orientale, composto da Russia, Cina e India, paesi diversi ma legati da interessi commerciali (la Russia diventa il primo fornitore di gas per quei paesi) e – sempre secondo l’articolo – da una comune riluttanza a credere nelle fonti rinnovabili come reali alternative al gas.

Visto che sono le aziende europee le più esposte agli aumenti del gas, potrebbe esserci un disegno oscuro per gettarle fuori dal mercato e approfittarne? Non è da escludere, soprattutto da parte russa, in questo periodo di guerra.

Ma i cinesi? Non sappiamo quali fonti abbia letto l’autore dell’articolo del Corriere. I dati sembrano dire altro.

Non solo la Cina è il più grande produttore di tecnologie per le fonti rinnovabili, ma è anche il più poderoso installatore mondiale di eolico, fotovoltaico e idroelettrico.

Nel 2021, l’80% della nuova potenza eolica offshore mondiale è stata installata in Cina (vedi) e i 145 GW di fotovoltaico (2021, nel 2022 sono previsti altri 162 GW) sono un record assoluto (per dare un’idea, in Italia ne abbiamo installato meno di 0,8 GW). Nel complesso di tutte le rinnovabili, la Cina copre il 55% del totale della nuova potenza installata nel mondo (vedi).

Gli avvoltoi della finanza d’assalto

Anche se ci sono alcune ragioni che conducono ad aumenti del prezzo del gas, gli aumenti folli odierni sono dovuti per lo più a pura speculazione. Speculatori, broker, faccendieri, membri di oscure consorterie finanziarie legate alla “black economy” del petrolio, giocano sporco sulla pelle di milioni di imprenditori e cittadini. Con il serio rischio di causare una recessione globale.

Purtroppo la speculazione si lancia per fare profitti in ogni situazione di crisi. Era già successo nel 2008-2011 dopo il crollo della borsa causato dal fallimento di Lehman Brothers. Gli avvoltoi della speculazione non ebbero pietà neppure di avventarsi sui prezzi dei prodotti alimentari, del grano, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa di milioni di persone.

Esattemente quello che sta accadendo oggi, con la speculazione che approfitta della guerra.

Sono i giocatori d’azzardo della finanza d’assalto, degli “edge funds” i fondi “estremi” che investono e disinvestono scommettendo sui “futures” (sul valore futuro di un bene finanziario) o addirittura vendono “allo scoperto”, senza neanche possedere le azioni – “prestate” loro dai broker che fanno da intermediari.

Nel 2011, durante il picco della crisi, quando in molti paesi si scatenavano rivolte e proteste per il prezzo del pane – e l’Italia stessa rischiava il collasso finanziario – la politica mondiale si stracciava le vesti e gridava “mai più!”, “poniamo finne alla speculazione!”.

Non si è fatto nulla. Siamo punto e daccapo. Perché? Perché è la finanza che governa il mercato e detta le regole. La politica si è scoperta all’improvviso impotente.

Ecco Chi ci guadagna

Dunque ci guadagnano gli speculatori, gli scommettitori della finanza più spregiudicata, quelli che puntano sugli aumenti dei prezzi e ne traggono guadagni indebiti.

Ci hanno guadagnato le utility energetiche, che nel 2019 avevano sottoscritto contratti pluriennali a un costo del gas a meno di 30 € al megawattora. Milioni e milioni di metri cubi di gas sono stati pagati a basso prezzo, stoccati in ampie riserve, e poi rivenduti a prezzi decuplicati. E’ una descrizione un po’ semplificata, ma la sostanza è quella.

Ma se chiudono le imprese per il costo delle bollette, chi consuma – e paga – il gas?

Ci guadagnano anche i produttori di elettricità da fonti rinnovabili. E’ la legge di regolazione del mercato elettrico a consentirlo. Il meccanismo delle aste del mercato elettrico fissa il prezzo finale non sulla base del prezzo di zona più conveniente, bensì su quello più alto proposto dai fornitori.

I produttori di elettricità da eolico e fotovoltaico ne traggono lauti guadagni, visto che hanno il più basso costo di produzione – intorno a 30-40 € al megawattora – ma a loro spetta la quotazione massima, che oggi è quella dei produttori da gas.

Questo meccanismo distorto, introdotto anni fa per favorire l’introduzione delle rinnovabili (quando il loro costo costruttivo era elevato), va cambiato, e al più presto.

Ci guadagna anche lo Stato, perché quando paghiamo, l’aumento del prezzo include anche l’IVA. Ma se l’azienda chiude per il caro-bollette, crolla anche il gettito IVA. In compenso, lo Stato ha cercato di calmierare i prezzi riducendo i costi fissi della bolletta (tasse e oneri vari).

è il gioco sporco di un’economia malata

Quello in atto è dunque un gioco sporco, prodotto da un’economia malata, scollegata dalla realtà e pilotata da finanzieri d’assalto. Nel 2020 papa Francesco, parlando della pandemia, affermò duramente: “E’ l’economia che è malata.” Un’economia malata che fa ammalare l’uomo e il pianeta.

È l’economia nera, quella delle fonti fossili, che ha governato il mondo per due secoli. Nel nome del petrolio sono state scatenate guerre assassine.

Ancora oggi, migliaia di fuochi dalle torri di estrazione nei giacimenti illuminano le notti di molti paesi. Ma sono gli ultimi fuochi. i piani mondiali di riduzione delle fonti fossili sono partiti in grave ritardo nel 2021, ma sono partiti.

Che cosa si può fare per risolvere il problema?

Alcuni fattori congiunturali (temporanei) che causano aumenti dei prezzi del gas potrebbero ridursi nel 2023: il boom post-pandemia è in fase di riassorbimento; un inverno mite, piovoso e ventilato potrebbe facilitare la riduzione dei consumi di gas. Infatti, nel primo semestre 2022, prima che gli impatti della guerra in Ucraina si ripercuotessero sui prezzi energetici, il prezzo della bolletta elettrica in Italia, fissato da ARERA, era diminuito da 31 a 28,9 centesimi al kwh.

Speriamo dunque che la guerra in Ucraina, fattore molto destabilizzante, trovi un suo epilogo. Soprattutto per i cittadini ucraini, per la loro nazione brutalmente invasa.

Tra le azioni politiche, ovviamente vi è la ricerca di fonti di gas alternativo a quello russo. Il governo italiano ha fatto un grande lavoro: in pochi mesi l’Italia è passata dal 40% al 15% nella dipendenza dal gas russo. Siamo anche riusciti a stoccare l’80% delle riserve di gas, tra i valori più alti in Europa, che ci consente di non temere blocchi di fornitura questo inverno.

La prima cosa che ancora va fatta è scollegare il prezzo dell’elettricità da quello del gas. Fino ad oggi, come abbiamo detto, è il prezzo del gas (preso dalla borsa di Amsterdam) a definire quello dell’elettricità, anche se in Italia produciamo il 40% dell’elettricità da fonti rinnovabili, che producono a costo ben più basso. Da ottobre, sembra che dovrebbe avvenire il distacco dal prezzo di Amsterdam, con un ricalcolo mensile basato sulle quotazioni di zona (ovvero sui costi della reale produzione nei territori). Vedremo.

Poi andrebbe seriamente limitato il potere della speculazione: riduzione delle scommesse sui futures, delle vendite allo scoperto, del potere degli edge funds. E’ un problema globale, dovrebbe intervenire il WTO, l’organizzazione mondiale del commercio. Ma le lobby finanziarie come sempre bloccheranno qualsiasi intervento.

Una cosa inutile da non fare è ascoltare le sirene tecnologiche che propongono il nucleare come soluzione del problema. Per realizzare centrali nucleari in Italia, partendo da zero, servirebbero 20 anni. A quel tempo, il problema del prezzo del gas, se gestiamo bene la transizione, sarà solo un ricordo.

Inoltre, per garantire una quota minoritaria di meno del 20% di energia da nucleare, in Italia dovremmo costruire almeno 5-6 grandi impianti da 1,6 GW, al costo enorme di oltre 10 miliardi di euro ciascuno. Troppo complesso e costoso. Il nucleare di generazione attuale non ha futuro. Quello di nuova generazione, per ora sono solo progetti di ricerca, sulla carta. Non produrranno chilowattora prima del 2050.

La cosa invece da fare subito è accelerare il più possibile l’installazione di impianti da fonti rinnovabili, che sono l’unica vera alternativa al gas. L’Italia entro il 2030 – in soli 8 anni – dovrà soddisfare con le fonti rinnovabili il 72% dei suoi consumi elettrici. Così – più o meno – in tutta Europa. Ce la possiamo fare. Solo in Italia ci sono già 60 GW di potenza rinnovabile in proposte di impianti in attesa di approvazione. E’ una cifra che consentirebbe di superare l’obiettivo 2030.

A quel punto, l’importanza del gas sarà molto meno rilevante. La diminuzione dei consumi, nel giro di pochi anni farà ridurre il prezzo, con buona pace di petrolieri e faccendieri.

il gioco sporco del prezzo del gas è dunque l’ultimo gioco di un’economia malata destinata in breve tempo a un inevitabile declino.